Luce
Londra - Torino 21/11/25

“Chi cazzo sei per insegnare
la vita agli altri?”
Ho lo schifo.
Guardo il cursore lampeggiare sul MacBook.
Una nota vuota. Di nuovo.
Non riesco a decidermi.
Non riesco a digitare le prime parole.
E non è la classica scusa del “blocco dello scrittore”, da romanticizzare su Instagram con una foto estetica del caffè freddo.
È qualcosa di peggio: la sensazione di non avere un cazzo da dire che valga la pena di essere ascoltato.
Perché non riesco più a scrivere?
Perché una cosa che mi è sempre venuta naturale, di colpo non lo è più?
Sono una voce strozzata in un oceano di voci. Tutte più acute, più originali, più “autentiche” della mia.
Chi sono io per pretendere di essere ascoltata?
E soprattutto: per dire cosa?
“Faccio finta di averci capito qualcosa”
Negli ultimi mesi ho scelto il silenzio.
Ho assecondato una sensazione che, sempre più forte, si faceva strada dentro: quella di non aver più la voglia di scrivere, di non avere più niente da dire.
Mi sono concentrata sul lavoro. Ho chiuso collaborazioni. Ne ho aperte altre.
Per l’ennesima volta ho messo in standby progetti a cui tenevo, e che mi sembravano troppo grandi o troppo difficili per poter essere realizzati.
Ho calato le aspettative. Lavorato a testa bassa. Fatto quello che credevo di dover fare.
Fino ad oggi.
In questi mesi ho scritto molto per altri, e poco per me.
Ho prodotto contenuti “utili”, sperando potessero aiutare qualcuno.
Ho corretto progetti, ribaltato proposte, migliorato presentazioni. Sempre con un’attenzione maniacale alla parola giusta, al messaggio giusto, per arrivare a un risultato.
Già, il risultato.
Quando sei focalizzata solo su quello, tutto il resto perde colore. La meta diventa l’unico punto all’orizzonte, l’unico obiettivo possibile.
E tu ti struggi ad ogni deviazione, ad ogni impedimento. Maledici ogni passo falso che pensi di compiere, sentendoti mai preparata abbastanza, mai pronta abbastanza, mai efficace abbastanza da arrivare anche solo a sfiorare quel traguardo.
Arrivi a un certo punto in cui la frustrazione del non-risultato è così alta, che sei lì lì per mandare tutto a quel paese. Te stessa, i tuoi sforzi (inutili), i tuoi mille (inefficaci) tentativi.
E ti chiedi ancora una volta: quando sarà il mio momento? Quando avrò quei risultati che tutti attorno a me sembrano raggiungere così facilmente?
Poi, alla fine, capisci.
La domanda giusta non è “quando avrò risultati?”
La domanda giusta è: dove voglio arrivare DAVVERO?
E soprattutto, quello che dico è DAVVERO quello che voglio dire?
Dare l’esempio
Per mesi mi sono sforzata di essere coerente. Di dare l’esempio. Di dire cose “giuste”.
Sentivo su di me la responsabilità di mostrare di aver raggiunto un equilibrio, quando “equilibrio” era la cosa più lontana da dove mi trovavo.
Ho capito che non devo “insegnare” un bel niente a nessuno.
Consciamente non ho mai voluto mettermi in cattedra. Ma inconsciamente? Inconsciamente sentivo la pressione di far vedere che stavo andando da qualche parte. Che conoscevo la direzione.
Quel ruolo, ho capito che non lo voglio.
E nessuno mi obbliga ad assumerlo solo per il lavoro che faccio.
Oggi torno a scrivere non per “divulgare”. Non per dispensare saggezza dal monte, come se avessi capito tutto.
Torno a scrivere per documentare.
Per mettere nero su bianco il mio percorso imperfetto, ancora in atto. Con i suoi inciampi, le sue continue battute d’arresto.
Torno a scrivere a me stessa, per me stessa.
Senza pretese di trasmettere verità assolute o insegnamenti definitivi.
Perché solo chi è arrivato, insegna.
Tutti gli altri - me inclusa - possono solo condividere il viaggio.
E forse, trovare qualcuno lungo la strada che dica: “Sai, anch’io...”
PS: Se anche tu hai passato mesi a chiederti “chi cazzo sono per dire queste cose”, sappi che non sei solə. E che la risposta più onesta che ho trovato è: nessuno.
E va benissimo così.
Questo posto qui su Substack è il mio piccolo spazio nell’etere, dove lascio andare i pensieri, per farli arrivare a chi li sente simili ai miei.
Nella vita reale sono una coach freelance e una formatrice.
Bevo un sacco di caffè.
Mangio troppa cioccolata.
Sogno tanto. Pure di giorno. Soprattutto di giorno.
Qui è dove racconto del mio lavoro in chiave Instagram, ma a modo mio. Con gentilezza, che di gente che urla ce n’è già troppa.
Qui è dove provo a rendere più umana, con i miei pensieri, una piattaforma che a dire il vero mi piace proprio poco.
Questa, infine, è la mia “casa virtuale”, quella che ho costruito da sola, pezzo dopo pezzo, con la mia storia. E dove trovi anche quello che potrei costruire insieme a te.


Che bello che sei tornata! Grazie per la condivisione del tuo percorso e delle imperfezioni che ci affanniamo a nascondere ❤️
Grazie, compagna di viaggio.